Copyright © di Flavia Di Cosimo
Dedicato a mia figlia Sofia,
e
a Concetta, mia madre
che ringrazio per alcuni preziosi spunti!
che ringrazio per alcuni preziosi spunti!
Prefazione
La vita ci sorprende ogni giorno donandoci nuove opportunità.
Questo racconto è pieno di tenerezza e rispetto, sia verso la frizzante
fase della fanciullezza che per quella nostalgica della terza età.
L’incontro e l’unione di due mondi molto distanti tra loro, dimostra che,
in maniera naturale e spontanea, il nostro istinto ci spinge ad avvicinarci a
ciò di cui abbiamo bisogno.
Tutto questo è l’inconfondibile prova che la diversità di ceti sociali,
culture, età e quant’altro sono solamente delle barriere mentali e non possono
impedire la ricerca e la nascita dell’unica cosa di cui il nostro spirito si
ciba: l’amore.
Riassunto
Il narratore è un’anziana signora che, dopo la morte del marito, vive sola
in un grande appartamento. Piena di dignità e orgoglio non intende “disturbare”
la sua unica figlia, che va a trovarla di tanto in tanto.
La solitudine la rende malinconica, ma la nonnina non si scoraggia e cerca
di cogliere gli aspetti positivi della sua monotona vita.
Incuriosita, osserva ogni giorno quattro bambine che giocano nel cortile
nella convinzione di non essere notata.
In modo inaspettato accadrà qualcosa di imprevedibile che metterà l’anziana
donna in contatto con le fanciulle. Da quel momento, le due generazioni non si
separeranno mai più, pur rispettando sempre i tempi e gli spazi che ognuna di
loro deve vivere a modo proprio.
Ognuno si arricchirà dell’amore dell’altro creando così una forte e
reciproca sicurezza affettiva.
Capitolo I
Io sono Adriana
Mi chiamo Adriana e sono una signora di settantanove anni.
La mia corporatura è esile perché mangio poco a causa del mio diabete; non
sono molto alta ma riesco ancora a tenermi dritta con dignità sulle mie fragili
ossa.
Ogni mattina, con pazienza, pettino i miei capelli bianchi e li raccolgo in
maniera ordinata dietro la nuca. Poi indosso i miei occhiali e mi guardo allo
specchio: vedo la mia pelle raggrinzita, ma sorrido compiaciuta. Sono anziana! Ed
è una gran cosa!
Abito al terzo piano di un vecchio palazzo: ci sono le scale e io, a causa
della mia gamba dispettosa che ogni tanto si diverte a bloccarmi a letto, non
posso scendere nel cortile.
Cerco di essere sempre disponibile con tutti, nei limiti del possibile: amo
fare torte e biscotti e, visto che io non posso mangiarli, sono felice di
condividerli con i miei vicini di casa. Per me è anche un’occasione per
scambiare due chiacchiere con qualcuno, evitando così di trasformare il mio
vecchio televisore in un caro amico immaginario.
Mio marito Carlo è morto ormai da due anni; io vivo sola in un grande
appartamento.
Ho una figlia di nome Anna che mi viene a trovare ogni lunedì. Devo
ammettere che è molto legata a me: mi chiama tutti i giorni per vedere se sto
bene e se ho bisogno di qualcosa. Mi piacerebbe risponderle che non ho bisogno
di niente e che sto bene; invece, con l’avanzare dell’età e dopo la morte di
Carlo, ho imparato a mettere da parte l’orgoglio e ad accettare con serenità la
mia età: ho bisogno di aiuto, di sapere che posso contare su di lei. Mi basta
sapere che, se ne avessi realmente bisogno, lei sarebbe disposta a soccorrermi
all’istante! Mi sento fortunata perché ci sono tante persone della mia età
senza parenti e senza nessuno che possa prendersi cura di loro. Non posso di
certo lamentarmi!
Anna è una donna molto impegnata con il lavoro e con le faccende domestiche.
Non lo dico perché è mia figlia, ma devo ammettere che è davvero una brava
donna!
Non voglio essere un peso per lei e cerco di non farle capire che mi sento
spesso sola perché so che lei si sentirebbe in colpa e cercherebbe di essere
più presente, rinunciando così alla sua vita: per questo motivo, le chiedo di
passare (o di comprarmi qualcosa) solo quando non posso più farne a meno.
Comunque non voglio rattristare nessuno con i soliti discorsi da
vecchietti! Ci fosse stato qui Carlo avrebbe raccontato tutte le sue avventure
riguardanti la guerra! Allora si che vi avrebbe annoiati fino allo sfinimento, costringendovi
ad ascoltare per ore ed ore tutte le sue storie!
Penso a lui. Sorrido mentre gli occhi si lucidano. Mi manca
terribilmente...
Capitolo II
I miei vicini di casa
So che Carlo mi avrebbe voluta vedere felice, sempre sorridente e io non
voglio deluderlo perché sono certa che da lassù mi osserva e mi protegge.
Voglio che sia fiero di me!
Negli ultimi anni, per non sentire i morsi della solitudine, ho passato molte
ore a guardare dalla finestra della mia cucina, osservando il paesaggio e gli
esseri viventi che ne fanno parte: in questo modo mi sembra quasi di stare in
compagnia!
Non c’è voluto molto per imparare tutti i nomi delle persone che abitano
nel condominio e sono certa che anche loro conoscono me. Forse mi hanno
assegnato un nomignolo del tipo “la nonnetta che sta alla finestra”! Di questo
non posso esserne certa e sinceramente non sono così curiosa da volerlo sapere.
Io cerco di essere gentile con loro e loro mi ripagano con dei grandi
sorrisi mentre ci salutiamo furtivamente sul pianerottolo o agitando la mano dalla
finestra!
Mi basta e non posso chiedere di più! Penso questo perché solo con
l’avanzare dell’età ho capito l’importanza del “tempo”: è fondamentale riuscire
a distribuirlo in modo appropriato nella nostra vita perché è l’unica cosa che
non può più tornare indietro! Io penso di aver fatto un buon lavoro con il “mio”
tempo e proprio perché ne capisco l’importanza, non voglio che gli altri
perdano il loro con me.
La signora Francesca del piano di sopra, ha comprato due appartamenti e li
ha uniti. Mi chiedo cosa dovrà farci con tutto quello spazio visto che non
hanno figli e non è mai in casa! Ha sempre un gran da fare: lei e suo marito
sono fuori tutto il giorno per lavoro, ma ogni volta che rientra la sera, prima
di salire su al quarto piano, bussa alla mia porta per farmi un saluto! Sarebbe
così carina se non fosse per quei fastidiosi tacchi che tiene ai piedi fino a
che non va a letto!
Poi c’è la Signora Tiziana, sul mio stesso pianerottolo: una giovincella di
63 anni! Purtroppo è quasi completamente sorda e preferisce passare le sue
giornate a leggere dei libri. Gli inquilini del primo e secondo piano, come la
signora Francesca, non ci sono quasi mai. La famiglia Rolando ha due ragazzi
adolescenti, ma sono molto educati. A volte sento la musica uscire dalle loro
finestre: una cosa terribile! Io penso che se mi mettessi a battere le pentole
con il cucchiaio di legno, riuscirei ad ottenere una melodia migliore! Invece
il signor Staffi, che vive solo, è un intenditore di buona musica! Ascolta
spesso Rossini, Vivaldi, Mozart… Si, ora che ci penso, credo sia proprio un
insegnate!
Per fortuna c’è un intero piano che mi separa dalle signore Rosa e Amelia.
Sono loro che, al piano terra, fanno dei “ricamini” impressionanti su tutto il
vicinato! Sono due chiacchierone indiscrete! Nonostante questo, mi fanno ridere
moltissimo perché hanno un buffo modo di gesticolare mentre si dilettano nello
spettegolare! Ogni volta che vengono su per prendere i miei dolcetti, mi fanno
un sunto di tutto ciò che è accaduto nella palazzina: come fanno a sapere così
tante cose questo proprio non lo so!!!
Capitolo III
La mia "infedele" amica!
Oltre al paesaggio e ai golosi vicini di casa, ho qualcun altro che mi fa
compagnia! Si tratta di Mia, la gatta della mia vicina di casa! Viene a trovarmi
spesso, sopratutto per l’ora di pranzo: io lascio sempre la finestra aperta,
anche se non sono affacciata al davanzale, così lei può entrare quando vuole!
Ha un musetto buffo e paffutello; le sue vibrisse sono lunghe e formano una
sorta di uncino all’estremità: mai visti baffi così divertenti! Il nasino è
rosa e ha una grande macchia nera intorno all’occhio destro a forma di cuore.
Le orecchie sono bianche e hanno dei lunghi peli che ne coprono il padiglione,
come a volerle proteggere dagli spifferi.
Il resto del corpo è un mosaico di colori arancione, nero e bianco! Il suo
pelo è corto e folto, sempre pulito e ben spazzolato. Ma la cosa che adoro di
più, sono i suoi polpastrelli rosa: sembrano dei “gommini” colorati, poco affidabili
per me, visto che gli permettono di entrare in casa senza che io senta il ben
che minimo rumore! Sapeste quante volte mi sono spaventata vedendola passare
davanti a me all’improvviso!
Quando cucino, attorciglia la sua coda lunga e tremolante intorno alle mie
gambe. Spesso ho rischiato di cadere perché, spostandomi da una parte all’altra
della stanza, me la ritrovavo improvvisamente tra i piedi!
Se lo sapesse mia figlia Anna, mi impedirebbe di farla entrare in casa! Ma
non posso privarmi di questa gioia, per questo non le dico niente…
Quando mi affaccio alla finestra, la vedo sul balcone della signora
Tiziana: spesso dorme acciambellata nella sua cuccia, posizionata sulla
lavatrice. Si accorge subito che sono là e, alzando la testolina perfettamente
mimetizzata nel manto della sua pelliccia, mi guarda socchiudendo gli occhi.
Con pigrizia stira più volte le zampe in avanti tirando fuori gli artigli come
per vantarsene. Poi esce dalla cuccia, si siede, si lecca lentamente su un
fianco per pettinarsi il pelo in disordine, mi osserva di nuovo con sufficienza
e solo a questo punto, elegantemente, si incammina verso di me.
Rimango sempre sbalordita dalla sua agilità: senza esitare salta sul
passamano del balcone; cammina con fierezza lungo tutto il tragitto, mettendo le
zampe una davanti all’altra, in perfetta fila indiana. Giunta all’angolo del
balcone, fa un balzo nel vuoto e raggiunge il mio davanzale! Mi concede un
saluto con un timido “mao” che io ricambio con una affettuosa carezza mentre le
dico: “Eccoti Mia, finalmente sei venuta a trovarmi!”. Poi si mette qui sulla
finestra, accanto a me e insieme osserviamo il cortile per ore.
Ogni sera la mia vicina si affaccia al balcone e grida il suo nome più
volte: “Mia, Mia, mich mich mich, Miaaaa, mich mich”. E lei, come fosse
incantata da quella voce sgraziata, in un lampo la raggiunge e comincia a farle
mille moine strusciandosi sulle sue gambe, miagolando e facendo fusa!
“Ma che ruffiana!”, penso io ogni volta!
In quell’occasione prendo il solito sacchetto che ho preparato per la sua
padrona: mi sporgo fuori dal davanzale, verso la signora Tiziana: ci
allunghiamo così tanto con le braccia per raggiungerci che a stento riusciamo a
scambiarci i doni! A volte è capitato che cadessero giù, sfuggendoci dalle
mani! Per carità, se sapesse anche questa cosa la mia Anna, chissà cosa
direbbe!
Capitolo IV
Nomignoli
Ora vi voglio raccontare una buffa storia che, negli ultimi tempi, ha
spazzato via la mia malinconia!
Sapete come mi hanno ribattezzata quattro vivaci bambine che giocano nel
mio cortile? Nonna Honey.
Non so quanti anni ancora il buon Dio mi concederà, quindi ho voglia di
condividere le mie emozioni legate a queste quattro fanciulle prima che sia
troppo tardi… Sono belle come il sole: Sofia, Ilaria, Aurora e Greta! Forse, se
Carlo le avesse conosciute, avrebbe smesso di raccontare le sue tristi storie
sulla guerra e avrebbe cominciato a parlare di cose più allegre! Chissà...
Le voglio descrivere una per una le mie monelle! Io in realtà le chiamo
“apine” e non “monelle”, proprio perché mi hanno ribattezzata con il nome di
“nonna Honey”. All’inizio non capivo cosa volesse dire questa parola, poi ho
chiesto a mia figlia Anna che mi ha spiegato: “è una parola in inglese, in
italiano vuol dire miele!” e così ho capito...
Mi scuso se mi perdo tra un discorso e l’altro mentre racconto questa
storia, ma i pensieri sono tanti e il tempo è poco; si scavalcano l’un l’altro
e non mi preoccupo di metterli in ordine! Li lascio scorrere così come vengono,
non importa se sono disordinati! In fin dei conti anche la mia mente non è più
lucida come una volta...
Ora torniamo a noi!
Comincio con Sofia, la mia pupilla! Lei è la mia preferita anche se voglio
un gran bene a tutte loro! Io non credo di aver mai incontrato occhi più belli
dei suoi: sono castani, con un taglio orientale; la cosa straordinaria è che
brillano di amore! Lei non lo sa ancora perché è una bambina, ma i suoi occhi
sono un bene prezioso per chi li osserva. Ha i capelli castani, a caschetto,
lisci come fili di seta! Direi che, a occhio e croce, è la più alta tra tutte.
A volte è imbranata e distratta: mi fa’ tanto sorridere!
Ilaria è la più timida. Ha la pelle chiara come quella di Biancaneve, gli
occhi azzurri e i capelli biondi come il polline. Non è una gran chiacchierona
anche perché le altre tre apine le lasciano poco spazio per parlare! Ma è
intelligente ed attenta: un’ottima osservatrice.
Greta è un raggio di sole! Esplode dalla gioia e ride come una scimmietta! Quando
lo fa’, insieme alla sua bocca spalancata, si muove anche tutto il resto del
corpo: riesce a ridere muovendo ogni singolo centimetro di pelle! Anche se non
si riesce a capire il motivo della sua risata, inevitabilmente coinvolge tutti!
Ha i capelli castani, lunghi e mossi e due occhioni verdi pieni di gioia per la
vita.
Aurora è proprio l’apina monella del gruppo! Ha un visino angelico: occhi
color ambra, capelli biondi corti, un corpicino esile. Eppure è una peste!
Riesce sempre a portare scompiglio nel gruppo: dispettosa e ribelle, trova
sempre un modo per far respirare aria frizzante alle sue compagne di gioco.
Le ho conosciute casualmente; le quattro fanciulle giocano spesso qui
sotto, nel mio cortile. Prima di conoscerle, le osservavo sempre
silenziosamente, dalla mia finestra, finché un giorno, da lontano, gli occhi di
Sofia hanno incontrato i miei.
Capitolo V
Biscotti al miele
Non dimenticherò mai quel momento: mi sono sentita quasi imbarazzata! Ero
poggiata con i gomiti sul davanzale e avevo la testa fuori dalla finestra.
Quando mi accorsi che Sofia, da lontano, mi stava fissando: mi irrigidii e mi misi
dritta, ritirando immediatamente la testa all’interno della stanza. Invece lei,
con tutta serenità mi sorrise e diede un colpetto all’amica del cuore, Greta.
Così anche gli occhi di Greta si fermarono a fissare i miei e, mentre mi
chiedevo se stessero veramente guardando me, Greta cominciò a ridere curiosa e
vennero qui, sotto la mia finestra!
Greta, come se mi conoscesse da venti anni, mi disse:
- “Salve signora! Noi abbiamo fame! Hai per caso qualcosa da farci
mangiare?”
Sofia mi stava scrutando e diede un altro colpetto sul fianco dell’amica,
come per rimproverarla:
- “Non farci caso, signora! Fa sempre così! Ha sempre fame!” e poi sorrise,
aspettando una mia reazione.
Nel giro di pochi minuti Sofia era riuscita per ben due volte a farmi
sentire in imbarazzo! Mi ricordai della mia età e cercai di riappropriarmi del
mio ruolo da adulta dicendo:
- “Se avete fame, io posso darvi dei biscotti al miele appena sfornati! Ne
volete?”
Greta cominciò ad esultare, saltellando e chiamando a gran voce le amiche
che erano rimaste a giocare più in là! Sofia aprì il suo sorriso come a dirmi
tra le righe: “Bene, sono contenta...”
Non sapevo esattamente cosa fare: ho pensato che se fossero salite in casa
avrebbero perso molto tempo per i loro giochi e così mi venne un’idea!
Le feci aspettare qualche minuto mentre, emozionatissima, preparavo i
biscotti: presi un cestino di paglia e misi sul fondo un tovagliolo a quadri
bianco e rosso. Posizionai lì dentro i biscotti ancora caldi e, accanto ad
essi, aggiunsi un paio di succhi di frutta alla pera. Sistemai meglio le
pietanze, cercando di distribuire uniformemente il peso. Legai una piccola
cordicella al manico della cesta e mi avvicinai alla finestra. Cominciai a calarlo
lentamente, cercando di tenerlo in equilibrio per non far rovesciare il
contenuto.
Le bimbe mi davano indicazioni, come se avessero fatto quell’operazione
migliaia di volte: “Piano piano, più a destra! Ora vai vai!”. Io mi sentivo
eccitata e felice, come fossi una di loro. Quando arrivò sopra le loro teste,
lo presero con otto mani e misero subito i visini tondi al suo interno per
vedere cosa ci fosse! Mi divertii ad osservarle. C’era un gran vociferare e
alternarsi di mani che andavano e venivano: le loro bocche in un attimo si
riempirono di biscotti: mi domandai come potessero contemporaneamente parlare e
ridere, senza restare soffocate! Ero già follemente innamorata di loro.
Dopo aver finito i biscotti, le bimbe mi ringraziarono e corsero via, in
fondo al cortile, per continuare i loro giochi.
Il giorno successivo preparai di nuovo i biscotti al miele, sperando che le
bimbe, prese dalla fame o dalla golosità, decidessero di nuovo avvicinarsi alla
mia finestra. Accadde esattamente la stessa cosa! E dopo aver divorato i
dolcetti, mi salutarono con un “grazie signora Honey”. La cosa si ripeté anche
nei giorni successivi. Così presi l’abitudine di fare quotidianamente i
biscotti al miele! Nelle settimane seguenti il cestino di paglia fece su e giù
per i tre piani ogni giorno. Anche gli inquilini del condominio ammiravano la
scena con grande piacere, ma per me e le mie apine, non vi erano altri occhi se
non per noi stesse!
Capitolo VI
Un dono inaspettato
Un giorno Sofia, dopo aver mangiato i biscotti al miele, mi disse:
- “Abbiamo una cosa per te, nonna Honey! La mettiamo nel cestino!”.
Posò con accortezza qualcosa all’interno del cestino stando ben attenta a
nasconderla con la mano per non rovinare la sorpresa, poi la coprì con una
grande foglia di fico. Appena mi fece cenno, mi affrettai a ritirare su la
cordicella, incredula e emozionata. Afferrai il cestino e spostai delicatamente
la foglia: vidi che all’interno del paniere aveva riposto un mazzolino di fiori
di campo dall’odore sgradevole e tre caramelle al latte. Vi erano dei
bellissimi fiori di cipolla selvatica e di tarassaco. Le mie apine stavano
osservando piene di speranza e curiosità; così, per non deluderle, presi con
una mano le caramelle e con l’altra il mazzolino di fiori: lo annusai profondamente,
poi, rivolgendomi a loro, dissi:
- “Sono bellissimi e profumatissimi! Grazie!!!”
Le bambine, che erano in trepida attesa del verdetto, esultarono per la
felicità e gridarono: “Urrà!”, poi salutarono con le manine rivolte al cielo e
si allontanarono mentre, dubbiose, si scambiavano opinioni sui misteriosi
fiorellino bianchi!
Da quel giorno il mio paniere scendeva pieno di vivande e risaliva sempre
con un dono all’interno: una pietra colorata, una conchiglia, una collanina
fatta con la pasta, ecc.
Non ci crederete mai, ma una volta, Greta, ebbe il coraggio di mettere nel
paniere una lucertola chiusa in un barattolo di vetro!!! Infatti quel pomeriggio,
avevo notato disaccordo tra le bambine e, mentre Greta velocissima riempiva il
paniere, le altre gridavano “Noooo, fermati!!!”. Ignara, lo tirai su, mentre le
tre apine erano seriamente preoccupate. Non vi dico la mia faccia quando presi
tra le mani il cestino! Non riuscii a trattenere un grido: “AAAHHH!” e lo
lanciai in aria! Il barattolo cadde a terra e si ruppe! Mia, attentissima, fece
un grande balzo e si impossessò del mio dono. Poi fuggì via… Povera lucertola:
spero tanto sia riuscita a fuggire dalle sue grinfie. Comunque, nel frattempo, Greta
si allontanò ridendo a squarciagola, rincorsa dalle tre amiche che volevano
picchiarla! Che avventura!
Invece un giorno, misero all’interno del paniere un disegno bellissimo,
firmato Sofia e Ilaria. Presi il foglio tra le mani e cominciai ad osservarlo
poggiandolo lentamente sul davanzale. Avevano rappresentato il cortile, ricco
di fiori e animaletti vari: avevano disegnato Mia sdraiata su un ramo del fico,
come fosse una pantera, le libellule lungo il canale, le rondini nel cielo,
lucertole qua e là e tanti fiori colorati. C’erano delle persone che
passeggiavano nel cortile e una coppia sulla panchina: lui leggeva un giornale
mentre lei mangiava un gelato. Poi c’erano loro, che giocavano a “Girotondo” e
io, affacciata alla finestra del terzo piano, che le salutavo con la mano! I
colori erano vivaci e ben definiti. Ero immersa nel disegno mentre le bambine
osservavano dal cortile la mia espressione e a quel punto Sofia sottolineò:
“L’ho colorato io!” e Ilaria aggiunse: “Io l’ho disegnato, invece!”, così mi
resi conto che stavano aspettando il mio giudizio!!! Mi affrettai a rispondere:
“E’ stupendo!!! Grazie, grazie di cuore!”. Solo in quel momento le bambine
sorrisero e si congedarono.
Riponevo gelosamente ogni loro dono nel mio vecchio baule: pian piano stavo
componendo il mio prezioso tesoro. Tranne i fiori! Quelli no, soprattutto
quelli di cipolla!!!
Capitolo VII
Ospiti inattesi
Amavo stare alla finestra ad osservare i loro giochi e anche i loro
battibecchi. Un giorno Aurora si avvicinò incuriosita al margine del canale che
si trovava sul lato sinistro del cortile. C’era qualcosa nell’erba: si piegò su
se stessa, accovacciandosi, per osservare meglio la sua scoperta. Ad un tratto
fece uno scatto con il braccio, allungandolo, e con abilità riuscì a prendere
un piccolo ranocchio. Lo teneva per la zampa posteriore, facendolo oscillare
leggermente mentre lo studiava da tutte le angolazioni, ruotando con la testa
intorno al suo bottino. Ricordo quel momento come fosse ora: il suo viso cambiò
espressione in un secondo, come fosse stato illuminato da una brillante idea!
Si alzò in piedi e cominciò a correre dietro le altre apine emettendo dei versi
sgraziati che volevano, in qualche modo, imitare la voce di un mostro malefico.
Le bimbe cominciarono a gridare in preda al terrore, chi da un lato e chi da un
altro! Presa dal panico, Ilaria non vide un sasso e inciampò cadendo sul
brecciolino. Si ferì le mani che aveva portato in avanti per proteggersi e
cominciò a piangere, non tanto per il dolore, ma per il terrore che aveva di
essere raggiunta da Aurora! Era in preda al panico e con il pianto liberò parte
della rabbia e della paura. Io rimasi per qualche secondo senza fiato,
portandomi le mani sulle guance, con gli occhi spalancati e la bocca aperta: osservavo
la scena inerme, senza poter far nulla!
In quel momento la mia pupilla sentì la sua compagna di giochi piangere.
Nonostante si trovasse nel lato opposto del cortile, corse da lei paralizzando
Aurora con lo sguardo. Il ranocchio ormai non spaventava più nessuno. Si chinò
verso Ilaria e cercò di consolarla senza sapere esattamente cosa fare. Nel
frattempo Aurora fece cadere a terra il ranocchio senza neanche accorgersene.
Era rimasta impietrita perché non pensava che un gioco così divertente potesse
trasformarsi in una tragedia. Rammaricata rimase ferma lì per qualche istante,
a guardare le due compagne di giochi inginocchiate a terra. Ed ecco Greta che
da pochi metri più in là, scoppiò in una fragorosa risata: era divertita per la
buffa caduta di Ilaria e per la scena del mostro/ranocchio. Si incamminò verso
di loro piegandosi su se stessa per il troppo ridere e tenendosi la pancia con
le braccia! Barcollava talmente tanto che, a pochi passi da loro, cadde a terra
anche lei! “Ahi! Che male!”, disse. E riprese a ridere più forte di prima!
Ilaria si strofinò appena le mani per togliere la polvere e il brecciolino
che era rimasto attaccato sui palmi: non poté resistere e scoppiò a ridere
anche lei, mentre le lacrime continuavano a scendere per l’ansia accumulata.
Poi regalò un sorriso a Sofia, come per tranquillizzarla. Lei si alzò e andò da
Aurora per rimproverarla! Borbottò qualcosa che non riuscii a comprendere,
Aurora abbassò il capo poi si rivolse a Ilaria chiedendole “scusa”. Sofia si
chinò per raccogliere il ranocchio facendo una smorfia disgustata con la bocca.
Chiuse un occhio e voltò il viso da un lato, come per dimezzare la sensazione
sgradevole che provava nel toccarlo. Lo prese tra le mani senza stringerlo, stando
attenta a non farlo scappare, poi andò verso il canale e lo ripose con
delicatezza sull’erba.
Tornò dalle compagne e, osservando le mani di Ilaria, disse qualcosa a voce
bassa alle sue amiche, come per accordarsi sul da farsi. Contemporaneamente
rivolsero tutte lo sguardo verso la mia finestra. Solo in quel momento mi
accorsi che le mie mani erano ancora lì, poggiate sulle guance! Le abbassi e
chiusi la bocca (che era rimasta spalancata insieme agli occhi) e aspettai la
loro decisione. Si avvicinarono e con i nasini rivolti al cielo, mi chiesero in
coro: “Nonna Honey, ci puoi aiutare?”.
Ripresi a respirare e, con fare agitato, risposi: “Salite, svelte! Al terzo
piano troverete un portone con una traghetta: c’è scritto Berna Adriana. Sono
io! Vi apro!” e corsi a premere il pulsante per aprire il portone all’ingresso.
Mentre le aspettavo, sentii un gran fracasso sulle scale. Le bimbe stavano
parlando tra loro animatamente e si sorpassavano a grandi passi tra un gradino
e un altro. Eccole, finalmente: le mie quattro apice, dai visini rammaricati e
tristi, come avessero combinato un grande guaio. Davanti ai miei occhi pieni di
amore e emozioni vi erano la mia pupilla, il mio raggio di sole, la mia attenta
osservatrice e la mia monella.
Rimasi immobile a fissarle, per cercare di memorizzare ogni singolo
dettaglio così da poter mantenere quel ricordo per sempre nel cuore. Loro si
alternarono con frasi di circostanza.
Aurora: “Scusa nonna Honey, non volevamo combinare un guaio”
Ilaria: “Uh che bella casa che hai nonna Honey!”
Greta: “Ma ci sono i biscotti al miele?”
Sofia: “Ilaria ha il sangue sulle mani. Ce l’hai un cerotto?”
I miei occhi brillavano per la gioia e si spostavano velocemente ad
osservare i loro visi: ero confusa dalla gioia che provavo! Ripresi lucidità in
un attimo e le feci sedere in maniera ordinata in cucina. “Aspettate qui buone,
torno subito!”. Presi un cerotto nel mobile della sala e del disinfettante.
Misi gli occhiali per controllare che non fosse scaduto e mi diressi di nuovo
in cucina. Con dolcezza mi avvicinai ad Ilaria chiedendole se si sentiva pronta
per disinfettare i palmi delle mani. Le bimbe era raggelate nelle loro sedie,
poi timidamente cominciarono ad incoraggiarla: “Ma è quello che non brucia,
vero nonna Honey?”
Ilaria si guardava intorno per cercare una via di fuga, poi abbassò lo
sguardo per osservare le sue mani: “Si, lo devo fare!” e si alzò
coraggiosamente dalla sedia per venire con me verso il lavandino della cucina.
Le presi con dolcezza il dorso delle mani e cominciai a versare il
disinfettante sui palmi rivolti verso l’alto. Le amiche in coro: “Ihhh che male!”
e tutte strizzarono gli occhi per non vedere la scena. Ilaria coraggiosamente
strinse i denti per affrontare meglio il suo dolore. Sorridendo, le dissi che
non c’era bisogno del cerotto e che quei puntini di sangue sarebbero presto
guariti.
Le asciugai le mani con un canovaccio pulito e mi rivolsi alle altre bimbe
dicendo: “Coraggio! Andate a lavare le mani in bagno, che ho dei buonissimi
biscotti per voi! La prima porta nel corridoio, a destra!”.
Si alzarono tutte contemporaneamente, facendo un gran fracasso con le
sedie. Si diressero in bagno discutendo animatamente sulla tragedia quasi
scampata. Io, nel frattempo, presi un asciugamano pulito nell’armadio e le
raggiunsi nel bagno. Erano tutte li, a lavare le mani passandosi il sapone l’un
l’altra! Alcune giocavano con la schiuma e altre cercavano di regolare l’acqua per
non farla scendere né troppo calda né troppo fredda. Misteriosamente il dolore
alle mani di Ilaria era svanito perché era lì, con le altre, a insaponare e
strofinare le mani come nulla fosse accaduto. Sorrisi e le esortai ad asciugarsi.
Passai loro l’asciugamano che riuscirono a condividere amichevolmente.
Andammo tutte in cucina e, mentre loro si sistemavano nelle sedie in un
infinito allinearsi e avvicinarsi al tavolo, io cominciai a sistemare i
biscotti in un grande piatto. Presi una piccola ciotola di ceramica bianca e ci
misi dentro del miele. Aggiunsi qualche goccia di colorante per dolci, rosso e
blu: mescolai con un cucchiaino, donando così un inaspettato colore viola al
miele. Le bimbe rimasero ammaliate da questa magia culinaria e subito cominciarono
a sgambettare perché volevano assaggiare il mio intruglio. Mostrai loro come
fare: presi un biscotto e lo picchiettai più volte nel miele filante. Lo tirai
in alto e arrotolai sullo stesso il filo di sera che si era formato, poi le
esortai: “Coraggio! Fatelo anche voi!”. Per niente scoraggiate, cominciarono a
litigare per avere la ciotolina, facendola pericolosamente scivolare da un lato
all’altro del tavolo! Ero indecisa se preparare altre tre ciotoline oppure
gustarmi la scena così com’era. Erano angeli del Paradiso ed io mi sentivo
tanto fortunata!
Capitolo VIII
Il tesoro
Mentre mangiavano con ingordigia, chiesi loro come erano solite passare le
giornate. Parlarono poco della scuola e mi dissero che erano in classi diverse
ma che le loro mamme erano amiche, che abitavano tutte lì vicino. Le materie
che preferivano erano quella motoria e inglese. Si lamentarono tutte per i
compiti che le maestre davano da svolgere a casa e nel farlo agitavano una mano
su e giù per mostrare noia e disappunto.
Per non farle annoiare cambiai domanda: “E quando siete qui nell’atrio,
cosa fate? Qual’è il vostro gioco preferito?”. Si guardarono come a voler
concordare una risposta uguale per tutte. Dissero spontaneamente: “Giochiamo al
tesoro!” e mi raccontarono una cosa così bella che solo a pensarci mi si
riempie il cuore di gioia.
Mi spiegarono le regole del gioco. Si faceva la “conta della gallina sul
comò” (ambarabaccicciccò), e l’ultima che restava aveva il compito di preparare
e nascondere il tesoro. Questo era formato da ciò che la prescelta raccoglieva
nel cortile: fiori di campo, piccole pietre colorate, foglie, ecc.
-
“Però non sono ammessi animali
nel gioco!”, disse velocemente Aurora!
-
“Proprio tu parli?!”, risposi
io ridacchiando.
Così tutte scoppiammo a ridere, scambiandoci affettuose pacche sulle
spalle.
Poi continuarono il racconto. La prescelta sistemava tutto nel miglior modo
possibile e lo completava avvolgendolo accuratamente in una grande foglia di
fico. Alché pensai tra me e me: “Povero fico! Lo stanno spennando!”. Poi,
mentre le altre erano in attesa con la testa poggiata sul grande tronco
dell’albero di quercia, la sorteggiata andava in un posto segreto. Faceva una
buca con le mani e all’interno metteva il tesoro aggiungendo alcune caramelle
gelosamente custodite per l’evenienza. Sopra la buca veniva messo un vetro che
loro, prima di tornare a casa, riponevano con cura ogni volta in un luogo inconfessato.
Intorno al vetro veniva fatto un mucchietto di terra o di sassi, così da
fermarlo e sopra di esso venivano poggiate tre conchiglie: una rosa e due
bianche più piccole. Poi si cominciava la caccia al tesoro e le bimbe dovevano
trovarlo senza alcuna indicazione! La fortunata che lo trovava, poteva portare
a casa il bottino oppure decidere di donarlo!
Mi persi nel racconto, fantasticando nei loro giochi. Per un attimo mi
assentai con i pensieri e mi venne in mente una scena già vissuta: un cestino
di paglia con dentro tre caramelle al latte e un marzolino di fiori di cipolla
fresca e tarassaco. Mi resi conto che mi avevano donato il loro tesoro. Faticai
molto per trattenere le lacrime e pensai a Carlo: ebbi una gran voglia di
condividere questa cosa con lui. Guardai il soffitto con gli occhi lucidi e
sospirai pensando tra me e me “Grazie per questo dono, grazie...”.
Le bimbe mi fissarono silenziosamente, quasi preoccupate. Sorrisi e dissi:
“Vi preparo dei sacchetti da portare alle vostre mamme: ci metterò dentro dei
biscotti al miele, quelli che vi piacciono tanto! Voi dite loro che li manda
nonna Honey, in segno di gratitudine”.
Non chiesero spiegazioni e continuarono a raccontare le loro avventure
mentre io preparavo i sacchetti. Ne diedi uno ciascuno e così ci salutammo.
Le sentii scendere le scale di corsa, ma ad un tratto ci furono dei passi
scoordinati ed un rumore sospetto: era Sofia che stava per cadere e si era
aggrappata alle amiche per non ruzzolare giù! Greta scoppiò a ridere come al
solito e anche le altre apine la imitarono! Sorrisi divertita.
Chiusi la porta appena capii che avevano raggiunto il pianerottolo
dell’ingresso principale. Mi affacciai alla finestra e le osservai mentre
rumorosamente si allontanavano.
Nei giorni successivi il cestino riprese regolarmente a fare su e giù tra
l’atrio e il terzo piano. Di tanto in tanto le bimbe salivano su a casa mia per
portarmi dei doni o per essere consolate per un brutto accaduto, un litigio. Io
le accoglievo con amore senza mai invadere i loro spazi, stando ben attenta a
non rubargli tempo prezioso.
Tutti nel condominio, ci osservavano compiaciuti ma noi non ci curavamo
degli sguardi dei vicini, ne tantomeno davo spiegazioni ad Anna, che spesso mi
chiedeva incuriosita cosa stava accadendo con quelle quattro monelle. Sorridevo,
poggiando verticalmente l’indice sul naso e le dicevo: “Scch! E’ un segreto!”.
Anna sorrideva, incredula e felice! Poi mi raccontava come andavano le sue
giornate e i suoi problemi, come faceva di solito, rispettando così il mio
segreto.
Capitolo IX
Il mio compleanno
Due mesi fà, al mio compleanno, ricevetti un regalo meraviglioso. Quel
giorno aspettavo ospiti: mia figlia, la signora Tiziana (la mia vicina di casa)
e le signore Rosa e Amelia (le inquiline del piano terra). Ero molto
indaffarata a sfornare dolci di ogni tipo ed ero entusiasta perché mi sarei
concessa il piacere di assaggiare la mia torta di compleanno! Nella speranza
che le mie amate apine mi venissero a trovare, decisi di fare un dolce molto
colorato.
Preparai una torta fatta con semplici strati di pan di spagna, farciti al
centro con crema chantilly, fragole tagliate a pezzi e gocce di cioccolato. La
ricoprii su tutti i lati con la panna e la decorai lungo la circonferenza
usando la sac a poche e la crema al burro mescolata con il colorante per dolci:
ne feci una parte di colore rosa e una parte di colore verde. Realizzai delle
rose facendo delle piccole spirali con la punta 2D, partendo dal centro e
ruotando verso l’esterno per tre giri! Poi di tanto in tanto, utilizzando
un’altra sacca con la punta n. 70, facevo scivolare la crema al burro di colore
verde, disegnando delle belle foglie. Infine, scrissi “tanti auguri Adriana” al
centro della torta, utilizzando la crema al burro rosa che mi era avanzata: ne
ero entusiasta!
Gli ospiti cominciarono a venire e io li feci accomodare in cucina. Offrii
loro i dolci che avevo fatto, tenendo da parte la torta nella speranza che le
mie apine venissero a salutarmi. Invece, quel giorno, non le vidi affatto… Man
mano che passavano i minuti, mi sentivo sempre più agitata, ansiosa e non
riuscivo più a partecipare alle conversazioni con i miei ospiti. Ero distratta
e il mio pensiero era sempre rivolto a loro.
Anna, che era seduta accanto a me, mi esortò ad aprire i doni che mi
avevano portato le mie amiche. Mi feci forza, sorrisi. Presi per primo quello
della signora Tiziana: un bel foulard color ambra. La ringraziai e lo indossai
subito. Poi aprii quello delle signore Rosa e Amelia: un libro di ricette, di
dolci per l’esattezza! Lo strinsi al petto e le ringraziai dicendo che quanto
prima le avrei invitate a gustarne una di queste ricette insieme! Nel frattempo
Anna armeggiava con il suo telefono e la cosa mi infastidì parecchio: non era
da lei un comportamento così scortese. Alzò lo sguardo e si accorse che la
stavo osservando contrariata, così mi disse:
-
“Ah Certo! Ecco mamma! Questo
è il mio regalo per te!”.
Mi porse un biglietto; la guardai dubbiosa, poi lo aprii. Era un invito,
scritto a caratteri cubitali! Scorrevo velocemente tra le righe “La signora Honey è invitata per il suo compleanno a festeggiare con noi giù
nel cortile!”, firmato Sofia, Greta,
Ilaria e Aurora. Le mie mani cominciarono a tremare, alzai lo sguardo per
incontrare gli occhi di Anna, poi guardai le mie amiche che cominciarono a
ridacchiare, complici di non so che cosa! Guardai di nuovo Anna, incredula:
“Cosa significa questo?”, ma proprio in quel momento suonò il citofono…
Saltai dalla sedia, tanto ero confusa e tesa. Anna andò ad aprire: “Mamma,
ti presento i miei colleghi di lavoro, Alberto e Gianfranco”.
Ero sempre più confusa. Dissero in coro:
-
“Buon compleanno signora
Adriana”
Non sapevo cosa fare e di fatto, fecero tutto loro!!! Anna prese la mia
giacca nell’armadio e i due uomini mi presero sotto braccio, dirigendosi verso
l’uscita. Le mie amiche cominciarono a battere le mani per l’emozione e
cominciarono a gridare:
-
“Dai che oggi si esce!!! Non
sei contenta Adriana?”
Mia figlia aveva chiamato i suoi amici per aiutarmi a scendere giù nel
cortile, dove mi stavano aspettando le mie amate apine!
Cominciai a fremere, ad agitarmi in maniera smisurata! Ci fu una gran
confusione in quel momento: tutti presero a scendere le scale per andare nel
cortile, compreso gli altri inquilini del palazzo. Io cominciai lentamente, con
l’aiuto di Alberto e Gianfranco, a scendere i gradini. Mi sembrò interminabile
il tempo trascorso per scendere le scale, poi finalmente raggiunsi il portone
del palazzo e uscii nel cortile.
Mi sentivo finalmente partecipe nel mondo, libera, viva mentre le emozioni
si scavalcavano senza darmi il tempo di assaporarle!
Anna e gli altri mi condussero dietro al cortile, dove mi era impossibile
vedere dalla mia finestra. Fu in quel momento che, portandomi le mani al viso,
cominciai a piangere per la gioia e l’emozione!
A pochi metri da me c’erano le mie apine! Quando mi videro cominciarono a
saltare per la gioia e a gridare: “Auguri nonna Honey! Auguri!” e corsero ad
abbracciarmi. Le accolsi tra le mie braccia e mi chinai per baciarle con
affetto: “Birbanti che non siete altro, mi stavo preoccupando… Ecco dove
eravate finite!”.
Davanti ai miei occhi c’era il regalo più bello che io avessi mai ricevuto:
le mamme delle bambine e tutti i vicini avevano preparato un grande picnic
all’aperto! C’erano dolci di ogni tipo e bevande alla frutta di tutti i gusti;
ben posizionati al centro delle grandi tovaglie colorate, vi erano piatti,
bicchieri e tovaglioli di carta: non mancava proprio niente!
All’improvviso mi ricordai della mia torta e mi resi conto di averla
lasciata in casa! Mi voltai velocemente come per poterla prendere con il
pensiero e invece mi accorsi che dietro di me c’era la signora Francesca con la
mia torta tra le mani, in un formale taglier color tortora, sui suoi soliti vertiginosi
tacchi. Aveva uno splendido sorriso, emozionata anche lei: “Auguri signora
Adriana! Tanti cari auguri…”. Avevamo entrambi gli occhi lucidi, così le diedi
una carezza sul braccio e le risposi: “Grazie tante cara”.
I colleghi di mia figlia mi aiutarono a sedermi nel prato e cominciammo a
chiacchierare animatamente, rivivendo insieme le emozioni che avevo vissuto
leggendo quell’invito! Le bambine erano entusiaste e correvano intorno a me
gioiose. Intanto, Anna ci immortalava facendo foto qua e là, utilizzando il suo
famigerato telefono, anch’esso complice della sorpresa. I vicini si divisero in
piccoli gruppi che si mescolavano continuamente in modo amichevole e cordiale.
Fu la giornata più bella della mia vita: non dimenticherò mai i sorrisi, la
gioia, le emozioni di quel pomeriggio!
Poi venne la sera e i giovani uomini mi aiutarono a rialzarmi. La mia gamba
mi fece davvero male in quell’occasione, ma strinsi i denti in una smorfia di
dolore. Pian piano mi avvicinai al portone dove mi fermai un attimo per
salutare e ringraziare tutti. Baciai di nuovo le mie dolci apine e, sospirando,
osservai per un’ultima volta il cortile da quell’angolazione che avevo ormai dimenticato
nel tempo. Così mi voltai ed esortai Alberto e Gianfranco: “Coraggio ragazzi!
Si sale!” e mi diressi verso le scale.
Capitolo X
Le ragazze crescono
Dal giorno del mio compleanno sono accadute molte cose: le bambine ormai
stano crescendo e cominciano a parlare di ragazzi con un interesse diverso dal
solito. Le vedo sedute spesso sulla panchina a chiacchierare con discrezione. Ogni
tanto capita di sentire delle fragorose risate e penso: “Chissà cosa si stanno
dicendo!”
Sono più attente al loro aspetto fisico e si aggiustano i capelli in
maniera ordinata facendo delle lunghe trecce o mettendo dei cerchietti
glitterati sulla testa. Non mancano bracciali e collanine, che ora sostituiscono
il loro tesoro! Forse è l’unico gioco al quale si dedicano ancora con costanza.
Ora nel cesto mettono bijoux fatti a mano con perline colorate e nastrini di
seta. Sono delle signorine ormai!
Quando mi vengono a trovare qui in casa, mi raccontano cose segrete… Si parla
di dinamiche particolari: delle amicizie, della scuola e dei ragazzi che scuotono
la loro curiosità. In quell’occasione ci tengo a dir loro di stare attente, di
dare molta importanza al loro corpo e spiego che è prezioso e devono averne
cura. Loro sottovalutano le mie parole e ridacchiano divertite! Poi mi confortano
dicendo:
- “Tranquilla nonna, non è nelle nostre intenzioni!”
Così tiro un sospiro di sollievo e continuo ad ascoltarle. Sono felice per
loro perché, nonostante le disavventure della loro giovane vita, sono serene e
molto complici. Questa forte amicizia sarà la loro più grande fortuna nella
vita, ma ancora non lo sanno...
Ultimamente non mi sento molto bene, spesso sono costretta a stare a letto
per i dolori che ho alla gamba. Anche la bronchite, che mi porto dietro da due settimane, pare non voglia darmi tregua. Anna è più vicina a me in questi giorni, la vedo
quasi preoccupata… Io le ripeto sempre che non deve perdere il suo tempo qui
con me e la rassicuro dicendole che prendo regolarmente tutte le medicine, che
presto mi sentirò meglio!
Nonostante questo, anche se non riesco più come un tempo, i miei biscotti
al miele non mancano mai, soprattutto per le mie apine!!! Certo ora ne sforno davvero
pochi, ma anche loro mangiano meno perché dicono che devo seguire la “dieta”!!!
Ma quale dieta e dieta… Sono così belle!!!!
Si è fatto tardi, il mio tè ormai si è freddato… Vado a mettermi a letto
con la speranza di potermi alzare senza dolori domattina. Buonanotte…
Capitolo XI
Sono Anna
Ho impiegato diversi giorni prima di prendere questa decisione: sono Anna e
sto finendo io la storia di mia madre. Questo pensiero mi uccide, mi trafigge
il petto, come una spada ardente. Le lacrime mi scendono e di tanto in tanto
sono costretta a fermarmi per recuperare la vista… Il nodo alla gola comincia
ad essere doloroso e non so proprio come dirlo… La vostra “nonna Honey” ora è
tra gli angeli del Paradiso.
E’ morta il mese scorso, durante il sonno. Se la cosa può consolarvi, vi
posso garantire che non ha sofferto perché ha avuto un infarto fulminante.
Siamo tutti molto scossi… Le bambine vengono spesso a casa della loro amata
nonnina, ma non ci sono più biscotti al miele per nessuno… Abbiamo trovato il
baule con il “tesoro” e il suo amato diario…
Non so cosa dire, non so cosa scrivere… Mi sento vuota, sola e mi rendo conto
solo ora di quanto mi amasse… Vorrei poter tornare indietro, essere più
presente nella sua vita, poter gioire con lei delle sue amate “apine”…
Le bambine, sono confuse… Sembrano disorientate come se avessero perso la
loro “regina”… Piangono spesso e si abbracciano singhiozzando…
Ha lasciato un enorme vuoto, ma anche un’enorme ricchezza… Noi tutti
preghiamo per lei: che gli angeli la conducano presto in Paradiso. Amen
Bè, se ci pensi bene, loro non sono le sue nipotine... E questa donna anziana era stata praticamente abbandonata a se stessa dalla sua famiglia. Tu sei una figlia ammirevole! Di "nipoti" ne troverai molte nel tuo cammino....
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