domenica 3 settembre 2017

La mela Lucilla



* foto di it.dreamstime.com

Copyright © Flavia Di Cosimo & "Io con Te"

aprile 2016 - settembre 2016
Premessa

Il gruppo "Io con te", coordinato dalla psicologa Maria Valente, ha preso vita nel 2007 dopo un attento ascolto delle esigenze, della profonda solitudine e dei dolori che ruotano intorno ai soggetti disabili e alle loro famiglie. I volontari, spinti da una personale scelta sulla base di vita cristiana, negli ultimi due anni si sono occupati di trattare argomenti delicati ai "vizi e virtù" in maniera adeguata, per trasmettere valori sani e informazioni corrette alle nuove generazioni, ai bambini e ai ragazzi diversamente abili. In questo gruppo, ognuno porta il suo contributo senza nulla pretendere in cambio per cercare, insieme, di raggiungere un obiettivo basato sull'amore, attraverso la cooperazione comune.

In particolare, nel trattare l'argomento della "Lussuria", ho avuto l'onore di ideare e scrivere le prime bozze di questo racconto, arricchito e completato successivamente con la collaborazione dei volontari del gruppo e della dottoressa Valente. Infine, "Io con Te" ha usato il racconto per spiegare questo concetto ai giovani e ai bambini/ragazzi disabili, attraverso un lavoro ripetuto, attento, organizzato con saggezza ed esperienza senza lasciare nulla al caso così che ogni cosa relativa al racconto possa trovare un forte significato religioso che invita alla riflessione.

Con ammirazione e profonda stima nei confronti del gruppo "Io con Te" e della dottoressa Maria Valente, concludo citando le parole di Papa Francesco: “Nella comunità cristiana abbiamo bisogno l’uno dell’altro e ogni dono ricevuto si attua pienamente quando viene condiviso con i fratelli, per il bene di tutti.”

La mela Lucilla

In un grande frutteto, su un albero rigoglioso, la vanitosa mela Lucilla tutti giorni lucidava la sua buccia con la sua fogliolina verde. 
Tutte le persone che lavoravano nel frutteto si fermavano ad ammirare la sua buccia, perché era lucida come uno specchio e facevano molta attenzione a non urtarla per non danneggiarla. 
Siccome era ancora acerba, nessuno la sceglieva quando passava per raccogliere le mele destinate alla mensa dei bambini della scuola del paese (perché a loro non piacciono le mele acerbe). 
La mela Lucilla arrivò, così, a pensare di non essere abbastanza bella e confuse il rispetto per disprezzo e cominciò a rattristarsi e a non guardare più il sole e il cielo. Trascorreva tutto il suo tempo a lucidarsi, a controllare se aveva qualche brufolo, a controllare la sua grandezza, insomma, non aveva più tempo per nessuno e nella sua testa giravano sempre gli stessi pensieri. 
Nella vicina piantagione di kiwi, l’esuberante Kiwi John, veniva sempre messo da parte dai suoi amici perché considerato brutto e piccolino. Per prenderlo in giro lo chiamavano “sbarbatello” e lui non riusciva a frenare i loro atteggiamenti. Così un bel giorno, per non sentirsi troppo solo, gli venne un’idea per farsi notare dagli amici. 
Con astuzia si avvicinò alla mela Lucilla e cominciò ad adularla facendole mille complimenti. Se avesse conquistato Lucilla tutti lo avrebbero rispettato di più: questo era il pensiero che occupava la sua testa tutti i giorni. 
Così ripeteva ogni giorno a Lucilla:
- “Sono assolutamente certo che, sotto quella buccia acerba, si nasconde una gustosissima polpa e, se ti sbuccerai, di certo qualcuno ti noterà e ti sceglierà in un batter d’occhio!”- 
Lei, timida e insicura, ci pensò un po’e si consigliò con le sue amiche mele. Poiché anch’esse erano acerbe, non sapendo cosa dire e così pensarono d’incoraggiarla perché questa soluzione poteva andar bene anche per loro. 
Lucilla iniziò a sbucciarsi e, pian piano, qualcuno cominciò a guardarla con maggiore attenzione, perché non era comune che una mela giovane, ancora attaccata all’albero, fosse senza la buccia. Presto alcune delle amiche di Lucilla divertite dalla novità, decisero di sbucciarsi per mostrare la loro appetibile e gustosa polpa. 
Lucilla si tolse completamente lo strato di buccia e cominciò a lucidarsi con la sua fogliolina verde, ma invece di brillare come al solito, cominciò a ingiallire. Così pensò che forse era meglio rimettersi la buccia e provò a riattaccarla sulla polpa, ma era impossibile ricomporla perché cadeva giù. Non sapeva bene cosa fare! Non si poteva tornare indietro e, per non sembrare ancora più stupida di prima, pensò di far finta di nulla e ogni giorno decise di togliere uno strato sottilissimo di polpa sperando che nessuno si accorgesse di nulla. 
Così, ogni giorno, aveva l’impressione di essere gustosa come prima. Ma, in men che non si dica, gran parte tutta la sua polpa era a terra e lei fu presa da un grande sconforto: per piacere agli altri si stava distruggendo. 
Lucilla pensò subito alle sue amiche e tentò di metterle in guardia, ma solo alcune diedero valore alla sua esperienza e decisero di non sbucciarsi più o di non iniziare. 
Presa dal forte dolore Lucilla iniziò a piangere e i suoi singhiozzi arrivarono alle orecchie di Maria Grazia, una lumachina molto attenta e discreta.
Maria Grazia si avvicinò a Lucilla e capì subito che non era il caso di parlare. Rifletté su ciò che poteva fare per alleggerire il suo dolore, ma le fu subito chiaro che sul dolore non si può ragionare e le venne naturale abbracciarla forte. Le lacrime di Lucilla inondarono Maria Grazia e lei cominciò a pensare, nel silenzio di quell’abbraccio, alla propria storia, a tutte le difficoltà incontrate sulla sua strada e a come il suo unguento avesse alleggerito tanti dolori, perché strisciando ci si ferisce facilmente. Ciò che aveva protetto e guarito molte delle sue ferite poteva avere lo stesso effetto su Lucilla. 
Quando Lucilla, sostenuta da quell’abbraccio, si rilassò e si addormentò, Maria Grazia cominciò a camminare sulla mela con dolcezza e impegno, per avvolgere tutta la sua polpa con quell’unguento argentato che rigenera senza opprimere: pian piano le profondissime ferite divennero meno dolorose e la polpa rimase di un delicato giallo argento. 
Nel frattempo Kiwi John, con i suoi amici barbuti, notando le lacrime e i singhiozzi di Lucilla non solo non provavano alcuna compassione, ma la deridevano a sua insaputa. John si sentiva fiero per la sua bravata perché ora era considerato quasi un eroe dai suoi amici: aveva convinto la povera mela Lucilla a sbucciarsi, facendole credere che così qualcuno l’avrebbe scelta con più facilità ma, di fatto, l’aveva ridotta quasi all’osso. 
Non curante dei sentimenti di Lucilla, che ormai si sentiva inutile e sola, John cercò di convincerne qualche altra a sbucciarsi e tutte le sue attenzioni si concentrarono su un’altra mela. 
Si sentiva fiero per aver dimostrato ai suoi amici la sua grande dote di adulatore. 
E così, alcune mele acerbe dell’albero giovane del frutteto, che a differenza di Lucilla non avevano voluto fermarsi a riflettere sulla loro condizione, si ritrovarono ad essere torsoli dimenticati. 
Ma non tutte le mele, anche se al momento non si sentivano corteggiate e scelte, caddero nella trappola tesa da John. Un giorno Marta, una mela matura, di un bel rosso lucente, ma non perfetta nella forma, che da mesi era sull’albero, fu infastidita dall’atteggiamento di John e non poté fare a meno di rispondere con fermezza ai suoi falsi complimenti: “Caro John, non penso di avere bisogno dei tuoi consigli, perché crescere vuol dire avere una testa per pensare e io non ho bisogno della tua. Ogni giorno cerco di capire bene cosa voglio essere e come devo comportarmi. Tu dovresti passare più tempo a mettere a posto la tua testa: non vedi come ti sei ridotto?”. Marta non volle aggiungere altro perché non voleva neanche perdere tempo con John. 
John, freddato da quelle dure parole, per la prima volta si fermò a guardarsi e notò che la sua buccia era raggrinzita e il suo aspetto era tutt’altro che piacevole. Solo in quel momento si ricordò delle parole del nonno che sempre gli aveva raccontato mille storie sul fatto che i kiwi in mezzo a tante mele maturano troppo in fretta e rischiano di marcire. Il nonno gli aveva sempre detto che era bene scegliere vicino a chi stare per maturare nel giusto modo e tempo. 
Intanto Maria Grazia non aveva mai lasciata sola Lucilla e, anche se la polpa della mela era stata rivestita da una delicata ma resistente protezione, Lucilla continuava a pensare che la sua vita era finita perché aveva sbagliato tutto. Maria Grazia aveva deciso di non parlare troppo di ciò che aveva fatto perché Lucilla doveva scoprirsi nuova, non a partire dal suo corpo, ma dall’interno all’esterno del sè. Per questo era necessario affrontare fino in fondo il problema e subito Maria Grazia pensò che ora doveva intervenire Marta, perché è sempre meglio che sia una mela a parlare ad una mela. Andò, così, a cercare Marta e lei, che aveva seguito tutto con attenzione, si attivò subito. 
Marta si avvicinò a Lucilla con dolcezza e l’abbracciò. Lucilla si lasciò abbracciare e quando smise di singhiozzare, Marta le spiegò che la vita della mela non è solo nella polpa ma è nel profondo, nei semi e che, se avesse saputo proteggerli, avrebbe dato vita non ad una sola mela, ma ad un albero di mele. 
Lucilla, si fidò delle parole di Marta e decise di ricominciare. Si fermò a riflettere e il suo sguardo cadde casualmente su una parte di sé che da tempo pensava essere molto inadeguata. Si guardò e si vide come mai si era percepita: il suo sguardo era nuovo e la sua storia non era solo un cumulo di macerie da buttare, ma un mondo da valorizzare. Il suo sguardo andò progressivamente sulle vecchie ferite ma ora tutto brillava al sole come un abito da sera laminato d’argento. Le ferite non erano sparite ma l’unguento era penetrato dentro e con i suoi effetti di luce, creava una fantasia di rara bellezza. 
Pensò, subito, alla lumachina che nel silenzio aveva lavorato per darle una nuova veste. Pensò e ripensò, poi, alle parole di Marta. Non era tutto perduto: la vita era ancora dentro di lei. Questo pensiero le dava coraggio e, giorno dopo giorno, diventò la sua fonte di gioia. Sperò per lungo tempo che nessuno si accorgesse di lei in modo che il sole, con il suo calore e la sua luce, avesse tempo e modo di asciugare i suoi semi per renderli pronti alla semina. L’impegno fu lungo e attento, ma, ancora oggi, nel frutteto ci sono diversi alberi nati da Lucilla.

2 commenti:

  1. Ho letto con piacere la delicata allegoria utilizzata per far comprendere alle persone la loro superficialità nel dare importanza a valori effimeri mentre la vera bellezza non è visibile agli occhi. Arianna

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    1. Grazie Arianna. Bisognava assolutamente trovare un modo semplice e chiaro per spiegare questo delicato argomento anche a persone disabili. Non è stato facile farsi venire una buona idea, ma alla fine ce l'abbiamo fatta! E questo, insieme ad altri sei racconti, è andato a finire al Vaticano!

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