sabato 8 luglio 2023

Il mio nome è Maria

Il mio nome è Maria



Copyright © Flavia Di Cosimo
maggio 2021

Dedicato a tutti i genitori che hanno dovuto lottare,
come meglio potevano rispetto alle loro capacità,
per poter dare un'opportunità migliore ai propri figli


Prefazione

Non tutti abbiamo la fortuna di nascere in un ambiente sano, ma ritengo comunque fondamentale non giudicare mai nessuno, soprattutto quando è evidente un impegno che punta a "dare" e non a "togliere". Probabilmente questo può essere giudicato in maniera opposta a seconda dei punti di vita e non si possono escludere pro e contro valutando determinati comportamenti. L'unica cosa che chiedo leggendo queste poche righe è di pensare che a volte, alcune persone, non hanno modo e capacità di fare diversamente e nonostante questo, cercano di fare del loro meglio.
Mi sono immedesimata nella protagonista, la piccola Maria, cercando di scrivere questo breve racconto con termini semplici e con la visione del mondo attraverso i suoi occhi. Per cui alcuni errori di scrittura e alcuni salti temporali sono voluti per rientrare nell'idea di confusione che la bambina ha, vivendo in un contesto non adeguato alla sua età.


CAPITOLO I
Il lavoro di mia mamma

Mia mamma dorme sempre molto la mattina perchè di notte deve lavorare. Io vado con lei e tutte le sue amiche, quelle che lavorano con lei, sono simpatiche e gentili. Le cose che mi piacciono di più sono gli abiti che indossano, il trucco che hanno e le buffe ciglia finte lunghissime! A turno mi fanno compagnia nel retro dello spogliatoio perchè a me è vietato entrare nella grande sala dove la mamma e le sue amiche lavoravano. In realtà lo chiamano "camerino", ma a me sembra un "camerone"! Ci sono tantissimi vestiti eleganti e molti indumenti intimi davvero microscopici! Per fortuna, appena li indossano, si coprono con una vestaglia: la cosa che non capisco è un'altra... Non pensavo che ci fossero dei posti dove si può lavorare in vestaglia!!! Capisco un camice, un'uniforme bianca o verde, ma in vestaglia è proprio strano! Loro mi dicono che è un modo per rendere il locale diverso dagli altri. Però mi chiedo perchè alcune di loro escono in vestaglia, alcune con dei bellissimi abiti e altre invece sono vestite da cameriere. Un'altra curiosità è che tutte hanno due nomi! Anche mia mamma, che in realtà si chiama Francesca, si fa chiamare Noemi! A me piace molto il nome Noemi e non mi è permesso dire a nessuno che invece si chiama Francesca: solo le sue amiche lo sanno.
Le ore di lavoro sono molte e torniamo a casa quasi all'alba: per questo motivo la mamma non può portarmi a scuola.

CAPITOLO II
Voglio andare a scuola

A me spesso piace sognare ad occhi aperti: immagino i miei compagni di scuola, la mia maestra dolce e minuta e una grande lavagna. Chiedevo spesso alla mamma di poter andare a scuola, ma ogni volta mi diceva che avrei cominciato ad andarci l'anno successivo. Sono passati già due anni e purtroppo la situazione non è cambiata! All'inizio mi arrabbiavo, piangevo, poi, vedevo la mamma dispiaciuta e triste, ho smesso di chiederlo.
Però, quando ero a casa da sola, mi divertivo a giocare "alla scuola". A volte fingevo di essere la maestra, a volte un'alunna, a volte fingevo di essere la mamma che mi accompagnava a scuola! Immaginavo di avere uno zaino rosa con le principesse, dei quaderni colorati e una merenda succulenta!
So scrivere e leggere perchè le amiche della mamma mi hanno insegnato a farlo mentre aspettavo che la mamma finisse di lavorare. Ho cominciato anche ad imparare la matematica e riesco a fare bene le somme e le sottrazioni, anche se spesso utilizzo le dita per non sbagliare! Quindi, durante i miei giochi "alla scuola", fingo anche di mettermi dei voti, compreso il cento e lode! Bè, me lo meritavo perchè sono attenta e precisa!

CAPITOLO III
Il mercoledì con la mamma

L'unico giorno che la mamma è libera, è il mercoledì. Lo aspetto con ansia perchè in quel giorno, anche se ci svegliamo molto tardi, la mamma mi porta a fare colazione fuori: in quell'occasione prendo un grande cornetto con la marmellata e un succo di frutta alla pesca! Poi andiamo al parco giochi, facciamo una passeggiata chiacchierando e ridendo, mangiamo un gelato insieme e la sera torniamo a casa.
Ogni mercoledì sera ci vestiamo eleganti e usciamo con un amico della mamma. Non sono molto entusiasta perchè è troppo serio e vecchio, ma la mamma ci tiene molto che io sia gentile ed educata con lui. La cosa positiva è che ogni mercoledì questo signore mi porta un regalo. Puntualmente, mi viene consegnato a fine serata, quando torniamo a casa. Così non faccio capricci il mercoledì, mi comporto bene e aspetto con ansia di tornare a casa dopo cena!
Oggi è giovedì e il sole è già alto: tra le persiane ancora chiuse riescono a passare dei timidi spicchi di sole che illuminano la stanza. Apro a fatica gli occhi per non essere colpita dalla luce e noto con dispiacere che il mio orso di peluche è caduto sul pavimento. Sento la confortante presenza della mamma, distesa nuda accanto a me: sta ancora dormendo. Le sue lunghe braccia si attorcigliano avidamente a me, intrappolandomi. Allo stesso tempo però ho la sensazione di avere addosso uno scudo che mi protegge, fatto di dolcezza in carne ed ossa.
Nella trascorsa serata, mercoledì appunto, quando siamo rientrate a casa, la mamma ha lasciato cadere disordinatamente a terra l’elegante vestito nero e ha fatto velocemente una doccia per poi stringersi a me, nel mio letto. Non so per quale motivo, ma odia dormire nella sua camera e preferisce infilarsi nel mio letto, anche se stretto e non elegante come il suo.
L’odore acre del fumo è ancora impregnato sugli abiti lasciti a terra, in netto contrasto con il profumo dolce di vaniglia che avvolgeva la pelle bianca e morbida della mamma: un miscuglio di odori che ormai mi trasmettono una sensazione rassicurante e familiare.
Ho chiuso gli occhi e ho ripensato a ieri sera. Io e la mamma siamo uscite con il suo amico e siamo andati a mangiare in un ristorante molto elegante. Peccato che nel menù c'erano soltanto piatti a base di pesce e io odio il pesce!
Lui era molto gentile con me e la mamma: prendeva i nostri cappotti, spostava la sedia alla mamma per farla sedere e poi lo faceva anche con me! Se mi cadeva qualcosa a terra, quasi sempre il tovagliolo o il coltello, con prontezza si alzava, lo raccoglieva e ne chiedeva un altro pulito al cameriere. Un uomo alto, magro, con i capelli brizzolati, sempre ben pettinati; indossava spesso un buffo cappello bianco che stonava un po’ con i colori scuri dei suoi abiti eleganti.
CAPITOLO IV
Il mercoledì ci facciamo belle per la cena

In quell’occasione, la mamma mi aveva fatto indossare un vestito di velluto rosa e scarpe di vernice nere. Mi aveva messo dei fiocchetti tra i capelli ricci e scuri; con una mano mi aveva coperto delicatamente gli occhi neri e con l’altra mi aveva spruzzato una nuvola di profumo che a me piace moltissimo perchè sembra quello delle caramelle.
Lei invece si era fatta una strana pettinatura: prima aveva raccolto i suoi lunghi capelli biondi e li aveva uniti con un elastico formando una coda, poi li aveva girati più volte fino a formare una specie di nodo intrecciato e li aveva fissati con alcune forcine. Aveva messo un abito che a me piace moltissimo: era molto lungo e scuro. Avvolgeva i sui fianchi ed era più ampio alle caviglie; avevo chiesto alla mamma come si chiamava quel tessuto liscio e lucente e mi aveva detto che era un abito di seta. La mia mamma è bellissima, ma con questo abito era davvero sensuale perchè aveva una generosa scollatura sulla schiena. Aveva indossato dei gioielli ed era molto elegante. Aveva preso una piccola borsa che lei chiama "poscett". Infine aveva messo dei decolté neri altissimi, con un tacco molto sottile: chissà come riesce a camminarci con tanta disinvoltura! Io a volte, quando lei non c'è, ho provato a mettere le sue scarpe altissime, ma sono sempre caduta! Per fortuna non si sono mai rovinate: la mamma è gelosa dei suoi abiti e delle sue scarpe. Comunque ora era davvero molto alta e elegantissima.
Quelle cene per me erano noiose. Io dovevo rimanere sempre composta e la mamma preferiva che io stessi zitta per non interrompere i noiosi discorsi che faceva con il suo amico. Quando dovevo andare in bagno, doveva dare un colpetto alla mamma, sotto il tavolo, senza che nessuno se ne accorgesse. La mamma capiva quel “segnale in codice” e, non appena la conversazione tra i due adulti si interrompeva un attimo, sfiorava la mano del suo amico e con eleganza gli diceva:
- “Perdonaci caro, andiamo ad incipriare il naso!”
Così accadde anche quella sera. Lui si alzò dalla sedia e spostò le nostre per aiutarci ad alzarci. La mamma gli sorrideva e con il suo solito passo calmo e ondeggiante, mi accompagnò alla tualet, tenendomi dolcemente la mano.
La donna chiuse la porta dietro di noi, si fermò per un istante e fece un lungo respiro.
Restò in silenzio per qualche attimo, confusa, scrutandomi con occhi interrogativi e angosciati. Poi, prese il mio piccolo viso tra le mani e mi baciò sulla fronte. Subito dopo mi aiutò, preoccupandosi che io mi fossi lavata bene le mani prima di tornare al tavolo.
Al nostro ritorno, l’uomo ci stava già aspettando con i cappotti in mano, mentre fumava una sigaretta.

CAPITOLO V
Il ritorno a casa

Finalmente siamo tornati a casa con la sua lussuosa auto blu, che parcheggiò, come sempre, in fondo al vialetto, dietro il grande abete. Finalmente, arrivò il momento più atteso per me! L’uomo, fingendosi distratto, mi disse:
- “Maria, stavo dimenticando! Ho una cosa per te!”
Aprì il cofano dell’auto e tirò fuori un regalo per me. Quella sera, portò un grande orso di peluche con un enorme fiocco color oro al collo. Ho spalancato gli occhi e anche la bocca! Ero felice e sorpresa. L'ho subito ringraziato con gentilezza e mi sono affrettata perchè volevo abbracciare con affetto il mio orso.
L'amico di mamma ci accompagnò fino alla porta di casa e lei lo invitò ad entrare, per bere un amaro. Ovviamente lui accettò.
Una volta entrati in casa, la mamma mi prese in braccio e fece un cenno all’uomo, che, pazientemente, rimase ad aspettare nell’elegante salotto in stile barocco.
Mamma mi fece sdraiare nel mio lettino e mi mise accanto il grande orso. Poi mi coprì con una morbida coperta. Mi ha fatto compagnia per un po', accarezzandomi i capelli e sfilando uno ad uno i fiocchetti che vi erano impigliati. Pian piano i miei occhi si chiusero: avevo troppo sonno, ma l'ho sentita comunque allontanarsi dalla mia stanza per andare a chiacchierare con il suo amico! Li sentivo vociferare e ridere: la mamma aveva lasciato cadere sul pavimento, una alla volta, le scomode scarpe con il tacco alto. Poi mi sono addormentata perchè non ricordo più niente di mercoledì sera.
La mattina dopo, quando mi sono svegliata, ho chiuso gli occhi e ho ripensato a tutti i momenti più belli della serata: il vestito di velluto rosa, il bacio sulla fronte, le dita che scorrevano nei suoi capelli ribelli, il grande orso con il fiocco dorato…
All’improvviso, un raggio di sole si è spostato sul mio viso e ho smesso di pensare a quella serata perchè mi sono resa conto di avere una gran fame!
Ho riaperto con fatica gli occhi e sono scesa furtivamente dal letto, facendo attenzione a non svegliare la mamma.
Ho raccolse il mio grande orso dal pavimento e sono andata in cucina per bere un bicchiere di latte freddo e mangiare i miei biscotti preferiti.
Sono passata velocemente davanti alla camera da letto della mamma, valorizzata in ogni dettaglio da rifiniture color oro. L’elegante copriletto rosso e liscio come l'abito della mamma era disfatto ed aveva ancora ben incisa l’impronta lasciata da due corpi. Mi sono fermata un attimo a guardare: ero confusa.
Poi ho guardato il mio grande orso, l'ho stretto forte a me e sono andata a mangiare in cucina.

CAPITOLO VI
Una giornata diversa

Stranamente, dopo pochi giorni, eravamo rientrate molto presto dal lavoro... La mamma aveva baciato e abbracciato tutte le sue amiche e insieme piangevano. Non avevo capito cosa stava succedendo, ma nonostante stessero tutte piangendo, erano felici e dicevano spesso alla mamma:
- "Sorridi e sii forte: ce l'hai fatta!"
"A fare cosa?" mi chiedevo...ma avevo preferito stare zitta e non chiedere nulla.
La mattina seguente, la mamma si svegliò prima del previsto. I suoi grandi occhi non riuscivano a nascondere la paura, ma allo stesso tempo era felice e raggiante.
Non appena mi sono svegliata, mi ha preso per mano e mi ha portato in cucina: sul tavolo c'era una tazza di latte caldo e i miei biscotti preferiti. Poi, frettolosamente, mi ha detto:
- "Maria, oggi faremo una cosa speciale! Andremo a vivere in un paese lontano da qui perchè la tua mamma ha trovato un nuovo lavoro! Mi occuperò di due persone anziane che vivono in una grande casa: dovrò pulirla, cucinare per tutta la famiglia e in cambio ci offriranno un piccolo alloggio! C'è un grande giardino dove potrai giocare e potrai occuparti del loro piccolo cane se vorrai! Inoltre potrai andare regolarmente a scuola e la mamma non lavorerà mai più la sera! E mi chiameranno tutti Francesca!"
Io ero rimasta senza parole, avevo la bocca spalancata e gli occhi sgranati. Incredula, felice e confusa allo stesso tempo, ho cominciato ad agitarmi per la gioia e, senza neanche mangiare, ho chiesto alla mamma se potevo cominciare a prendere le mie cose!
La mamma, con decisione e un pizzico di malinconia aggiunse:
- "Amore mio, c'è un piccolo compromesso da accettare. Nella nostra nuova casa ci sono già dei mobili e non sappiamo quanto spazio avremmo a disposizione. Quindi, se sei d'accordo con me e vogliamo partire subito, saremo costrette a lasciare qui alcune cose: gli abiti eleganti non mi serviranno più, le scarpe alte le sostituirò con scarpe più comode e tu dovrai lasciare qui il tuo grande orso."
Ero confusa e dispiaciuta e sentivo che i miei occhi si stavano riempendo di lacrime... La mamma continuò:
- "Non devi dispiacerti per questo! Appena ci saremo ambientate, ti prometto che farò un po' di spazio in casa e ne comprerò un altro uguale! Anzi, sarai tu a sceglierlo! Che ne pensi?"
Sono rimasta qualche secondo a riflettere mentre fissavo gli occhi spaventati della mamma. Senza pensarci due volte, l'ho abbracciata forte e le ho detto:
- "Mamma, non avrò bisogno di giocattoli! Hai già dimenticato che avrò un cucciolo di cane a cui badare? E poi ci sarà la scuola, i compiti da fare... Avrò i miei compagni di scuola con cui giocare! Non avrò più tempo per giocare con un pupazzo, perchè avrò un cane vero da coccolare e amare!"
Ho fatto un sorriso enorme, il più grande che potevo! Ho continuato a fissare gli occhi della mamma per rassicurarla: non volevo vedere più quella paura che le faceva tremare le mani. E ce l'ho fatta! Dopo pochi secondi la paura era svanita e ora vedevo gioia e lacrime di felicità.
In pochi minuti abbiamo preso gli oggetti più essenziali, abbiamo preparato insieme dei panini e delle bibite per il lungo viaggio. La mamma prese da uno scaffale dell'armadio un vecchio astuccio. Lo aprì, contò velocemente i soldi che vi erano all'interno, si girò verso di me e disse:
- "Partiamo! Ora!"

CAPITOLO VII
Un sogno incerto

Mi ha preso le mani e ha cominciato a saltellare come una ragazzina per tutta la stanza: si respirava tanta felicità. In quel momento, però, squillò il telefono della mamma. Lei lo prese, lesse il nominativo, rimase bloccata e attonita. In un attimo il suo volto si era trasformato: era di nuovo triste e le mani avevano ripreso a tremare.
Ho cominciato ad avere paura, tanta. Pensavo che era solo un sogno e che ormai mi stavo svegliando! Ero preoccupata per la mamma, volevo fare qualcosa per aiutarla ma non capivo perchè all'improvviso tutto sembrava svanito...
La mamma guardò il telefono, poi me. Guardò di nuovo il telefono che non smetteva di squillare. A quel punto la sua tristezza era sparita e aveva un volto molto deciso, quasi rabbioso. Mi ha preso la mano e, stringendole con dolcezza e decisione, andò verso il grande orso e disse:
- "Bè, anche questo non servirà più nella nostra nuova casa! Non avrò più tempo per parlare al telefono! Dovrò fare le pulizie, cucinare, portarti a scuola! Lo lascio qui, vicino al pupazzo!"
Mi ha guardata dritto negli occhi: non l'avevo mai vista così sicura di se e io ero un po' confusa, incredula, ma di nuovo felice! Ci siamo guardate con tanto amore e soprattutto con la voglia di realizzare quel sogno e, insieme, abbiamo detto:
- "ANDIAMO!"
Abbiamo caricato tutte le nostre cose nell'auto, correndo più che potevamo per fare in fretta! Stavamo per chiudere la porta per l'ultima volta e il telefono, accanto al grande orso, ricominciò a squillare. C'è stato un attimo di silenzio, ci siamo guardate e siamo scoppiate a ridere! Abbiamo chiuso la porta mentre il telefono continuava a squillare e non ci siamo mai più voltate indietro. Questa volta abbiamo davvero cominciato a realizzare il nostro sogno!

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